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al testo di Alberto Rizzi
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E a me che mi fissi ricordo che ogni sentimento l’ammaritai al fatto d’anni or sono sì tanto da ricontar ogni mossa nella mente da farmi male le dita della mano
Ogni forma provai fino a rammentar più forte “è tardi ormai” ed era notte il nero che vedevo nello spaccar miocuòre sui pensieri versarvi vino addosso allegrezza oppure riso e ricontare tutto, tutto, tutto sentendo la macchia di sangue sott’a lui come foss’altro che fiori nati male e compatire loro mica lui
E compatirli. Loro, mica lui.
Io feci ogni cosa dopo ed ogni cosa se ne venne a punto per quanto fu mia parte almeno
Ma mi resta questo viso in fronte al quale sto e l’impegno d’affogarvi un poco giorno a giorno ancora dento un poco e un poco
(Non abbassar di ciglia, né passo indietro, o scarto)
Sono i miei occhi a dirmi “ancora c’è qualcosa”
gli occhi che ho didéntro
Che qualcuno poggi mano dove mai non sento male
Io ricambiai l’odio suo con l’odio nello stesso registro di suo spreco sì da cancellarlo in faccia a questo mondo
ma alcun vedo voltàrsivìa in avanti e giàscordàre già camminare altrove in orma dei suoi passi e altrove vedo la ferita mia rossa su cuori altrui e calda come vita
così volto contro volto nel vicolo cieco che conduce a fossa si conta il tempo guardandoci il respiro e null’altro ci si move se non alle tempie il sangue
Il giorno che verrà è già venuto ma perso non è il tempo tempo non è perso usar de falce a pareggiar lo campo
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(Esiste momento ad ogni cosa. Cheto ristatti a stringerti le mani, ché ogni cosa ha in sé sua propria conclusione, come vuolsi colà dove si pote ciò che si vole… Non sei dunque felice pel gesto che compietti? È solo in ciò, che acconsiste appiglio per lo sguardo, per te, quando non senti la terra sotto ai piedi, la carne sotto la tua pelle: ché se uno scelse di pareggiar su’ propria vita a ‘bbestia, pur homo essendosene, che sia de ‘bbestia la su’ fine / quarto de bue in alto appùnt’appéso, apparicchiato.)
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Ma io rimango qui per me e peso e ripeso quel mio gèstomìo confrontandone l’affanno e con esso il peso sul presente che trascorsi
Ho messe di domande e di spavento e per qualcuno di risposte
Ho peso di una vita al confronto di una morte
Ho il timore di una scelta già compiuta fra percuotere e arrestare perché ogni cosa giàstàta già è e sempre torna il filo in mano al cieco che colore non discerne
Noi eravamo due ? ma sapeva l’altro dell’agire mio che anche per lui facevo
Così si perde ‘l conto degli agire fatti il peso loro perché mai non cambia il numero agli offesi non cambia il numero degli offensori loro che a tempo sappiano della colpa fatta e mai riguardano essa infin negli occhi per tema di vedersi vuoti ad ogni passo
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(tratta dalla raccolta "Piccola trilogia nera" Modigliana (FC), Ed. Criatu 2000) |
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