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Scrivi un commento al testo di Alberto Rizzi
da ’Confessione’: brani 6 - 8

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….......

 

E a me che mi fissi

                              ricordo che ogni sentimento

l’ammaritai al fatto d’anni or sono

                                                    sì tanto da ricontar ogni mossa nella mente

da farmi male le dita della mano

 

Ogni forma provai

                             fino a rammentar più forte “è tardi ormai”

ed era notte il nero che vedevo

nello spaccar miocuòre sui pensieri

         versarvi vino addosso

                      allegrezza oppure riso

e ricontare tutto, tutto, tutto

                                            sentendo la macchia di sangue sott’a lui

come foss’altro che fiori nati male

e compatire loro

                          mica lui

 

E compatirli. Loro, mica lui.

 

Io feci ogni cosa

                          dopo

ed ogni cosa se ne venne a punto

                                                   per quanto fu mia parte almeno

 

Ma mi resta questo viso

                                     in fronte al quale sto

e l’impegno d’affogarvi un poco

                                                  giorno a giorno

ancora dento un poco e un poco

 

(Non abbassar di ciglia, né passo indietro,                                                  o scarto)

 

Sono i miei occhi a dirmi “ancora c’è qualcosa”

 

gli occhi che ho didéntro

 

Che qualcuno poggi mano dove mai non sento male

 

Io ricambiai l’odio suo con l’odio

nello stesso registro di suo spreco

                                                    sì da cancellarlo in faccia a questo mondo

 

ma alcun vedo voltàrsivìa in avanti

e giàscordàre

   già camminare altrove in orma dei suoi passi

e altrove vedo la ferita mia

rossa su cuori altrui e calda come vita

 

così

      volto contro volto

nel vicolo cieco che conduce a fossa

                                                        si conta il tempo guardandoci il respiro

e null’altro ci si move

se non alle tempie il sangue

 

Il giorno che verrà è già venuto

ma perso non è il tempo

      tempo non è perso

usar de falce a pareggiar lo campo

 

 

-----

 

 

(Esiste momento ad ogni cosa. Cheto ristatti a stringerti le mani, ché ogni cosa ha in sé sua propria conclusione, come vuolsi colà dove si pote ciò che si vole… Non sei dunque felice pel gesto che compietti? È solo in ciò, che acconsiste appiglio per lo sguardo, per te, quando non senti la terra sotto ai piedi, la carne sotto la tua pelle: ché se uno scelse di pareggiar su’ propria vita a ‘bbestia, pur homo essendosene, che sia de ‘bbestia la su’ fine / quarto de bue in alto appùnt’appéso, apparicchiato.)

 

 

-----

 

 

Ma io rimango qui per me

e peso e ripeso quel mio gèstomìo

                                                     confrontandone l’affanno

e con esso il peso sul presente che trascorsi

 

Ho messe di domande e di spavento

e per qualcuno

                       di risposte

 

Ho peso di una vita al confronto di una morte

 

Ho il timore di una scelta

                                       già compiuta

fra percuotere e arrestare

                                       perché ogni cosa giàstàta

già è

e sempre torna il filo in mano al cieco

                                                           che colore non discerne

 

Noi eravamo due

                           ? ma sapeva l’altro

dell’agire mio che anche per lui facevo

 

Così si perde ‘l conto degli agire fatti

                      il peso loro

perché mai non cambia il numero agli offesi

                  non cambia il numero degli offensori loro

che a tempo sappiano della colpa fatta

e mai riguardano essa infin negli occhi

                                                           per tema di vedersi

vuoti ad ogni passo

 

..............

 

 

(tratta dalla raccolta "Piccola trilogia nera"

Modigliana (FC), Ed. Criatu 2000)

 Alberto Rizzi - 21/02/2017 11:34:00 [ leggi altri commenti di Alberto Rizzi » ]

In questo caso ho commentato per primo, per mettere le mani avanti riguardo al linguaggio utilizzato nella prima parte dell’opera (con la poesia tratta da "Invettive"), che sicuramente turberà qualcuno... Però grazie, Angelo, per avere apprezzato anche questo.

 Angelo Ricotta - 21/02/2017 08:33:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

Trovo molto interessanti le tue spiegazioni intorno alle tue composizioni. Ritengo che esse stesse finiscano per essere una forma d’arte che aggiunge valore alle opere.
Un caro saluto.

 Alberto Rizzi - 19/02/2017 16:34:00 [ leggi altri commenti di Alberto Rizzi » ]

Nel 2000 un casa editrice “off” (ma proprio, proprio off…), cioè la “Criatu” di Modigliana (FC), rimase folgorata dai tre poemetti di una decina di pagine (“Invettive”, “La traccia che ho lasciato” e “Confessione”) che avevo autopubblicato come “libri d’artista” nei cinque anni precedenti; e mi propose di raccoglierli nella raccolta breve “Piccola trilogia nera”, che uscì in cento copie appunto in quell’anno.
Tale opera, impreziosita da quattro disegni originali di Claudio Parentela (fumettista molto portato a temi splatter) e assieme alla di parecchio posteriore “Opera al nero”, anche se un altro registro, segna il punto più alto della mia produzione “dark” o “gotica” che dir si voglia.
Incentrata sul tema della vendetta, questa raccolta ne prende in esame tre momenti: quello dell’odio e della rabbia inconsulta verso soggetti che il protagonista identifica in negativo; la rabbia lucida con la quale mette in atto la sua vendetta; e una meditazione finale con se stesso e la sua coscienza, durante la quale ripercorre ciò che ha fatto.
Chiaro che l’impaginazione stessa delle singole poesie e soprattutto il linguaggio risentono di questa differenza di prospettiva dei tre poemetti: con una crudezza, una violenza e un “dire esplicito” nel primo dei tre testi, mai più raggiunte (ma nemmeno cercate) in seguito; e via via più piano e riflessivo nei due seguenti.

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